venerdì 22 febbraio 2019

C'è qualcuno?

Quante volte, bussando alla porta, ho pronunciato queste parole.
Quante volte mi sono lanciata, con la mia bicicletta, o il mio "ciao" rosso fiammante, per le vie della campagna, a fare raccolte viveri per l'oratorio, a distribuire volantini, a invitare a qualche evento.
Caricavo scatole, persone, e via, senza paura, a suonare campanelli o a battere pugni su porte cigolanti di vecchie case di campagna.
E ogni porta aperta, un sorriso, qualche convenevole.
Che poi, qualche volta, diventava un po' di più, diventava uno scambio di parol; che poi, spesso, diventava il ricordo della propria storia tramite la voce di qualche abitante un po' più datato di me.

Oggi, ogni giorno, nel mio lavoro è così.
La mia vita è rimasta segnata, dolcemente, da questo modo così brusco e così invasivo di incontrare persone. Ogni giorno, la maggior parte del tempo che passo è così.
Ascolto storie, racconto la mia.
A pillole, a volte amare, a volte più leggere e facili da mandar giù.
A suon di lacrime, di voglia di tapparmi le orecchie e di smettere di guardare.
Con la voglia di farne altre mille, di domande, ma con la consapevolezza che serve pazienza, per ascoltare. Serve spazio.
Spazio reale. Non virtuale.
E allora, appena la tecnologia fa sentire i suoi tentacoli, esco a camminare, a guardare il mondo che mi circonda e ad ascoltarne i suoni.
Lascio vagare lo sguardo sui dettagli attorno a me, perché mi riempiono di passione, di curiosità.
Perché incontrare persone e iniziare una conversazione, chiamare col cellulare per farsi due chiacchiere, aspettando un treno o il proprio turno in fila, sono ancora metodi che preferisco al semplice uso, patologico ormai, di messaggi istantanei e capaci come poche altre cose di lasciare sospeso il fiato per interi minuti se non ricevono risposta nel più breve tempo possibile.

Ed ecco qui, la domanda ritorna...

C'è ancora una persona capace di alzare gli occhi e vedere, per caso, un falchetto volargli sopra la testa, o un airone maestoso fermo in mezzo ai campi?
C'è ancora qualcuno capace di piangere per una luna piena gialla, per un arcobaleno sbiadito, per un albero appena germogliato?
C'è ancora chi sa ascoltare una storia senza farne uno slogan, senza strumentalizzarla, ma semplicemente accogliendola, per poterla restituire un giorno a qualcun altro?

C'è ancora qualcuno oltre lo schermo?



1 commento:

  1. La tua domanda sia il fulcro del problema c'è ancora qualcuno oltre lo schermo o siamo solo poche parole abbreviate e un'emoticon? Forse per questo ci prendiamo la libertà di commentare apertamente, di scrivere senza pensare perché pensiamo che oltre lo schermo non ci sia nessuno solo un computer. Senza porci il problema che magari dietro quelle due parole ci sia una persona, che dietro un'Emoticons si possa nascondere i discorsi e conversazioni. E' vero la tecnologia ha quasi reso freddo il modo di raccontare le cose, una non risposta ci fa rimanere col fiato sospeso come dicevi te, ma cosa li differenzia dalle lettere che fino a pochi anni fa erano l'unico modo di comunicare a distanza. Forse non è da temere la tecnologia e il fatto che sia troppo distante dal mondo reale. Forse ad oggi bisognerebbe capire che la tecnologia anch'essa seppur in modo diverso è fatta di persone, sensazioni, ambienti. Non lo credi anche te?

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Parlando di qualcuno oltre lo schermo, parlo di persone. E se ciò che definisce una persona è una serie di elementi, uno di questi è di ce...